La convinzione più diffusa a tutti i livelli è che il metro (ad esempio 3/4, 6/8, 7/8) abbia come un ritmo insito.
Ne conseguirebbe che siccome un poliritmo è dato da 2 o più ritmi diversi sovrapposti, è quindi determinato da una sovrapposizione di 2 o più ritmi aventi metri diversi. No. In realtà il metro è solo un contenitore temporale; e per ottenere un poliritmo basta sovrapporre semplicemente un ritmo appunto diverso a un altro (pure) nella stessa cellula temporale (battuta, misura) stabilita dal metro e con la stessa unità di tempo (scansione, battito).
Nell’occasione di 2 ritmi diversi con metri diversi si costituisce una polimetria (oltre al poliritmo, naturalmente).
Se all’interno di una battuta di qualsiasi metro ad esempio 2/4 e con eventi che evidentemente hanno un ritmo di un certo tipo, magari 3 crome + 2 semicrome, sovrapponiamo 3 eventi equidistanti a cominciare dal primo battere, ecco che si configura il cosiddetto gruppo irregolare; che nella fattispecie corrisponde a una terzina di semiminime.
Questo è naturalmente un poliritmo ma con delle tracce polimetriche poiché la scansione costante di questa terzina può indurre percettivamente il sentirla come una nuova unità di tempo, che è ovviamente diversa dal fluire dell’altra sovrapposta in contrasto.
Il ritmo è una successione di eventi sonici con inerenti durate (ed eventuali pause) intervallati/e nel dominio del tempo (da pochi decimi di secondo a qualche secondo), che seguono di solito (ma non obbligatoriamente) uno o più modelli ciclici. Pertanto il ritmo è la dimensione temporale (orizzontale) della musica. Un ritmo non ha bisogno né di ciclicità né di periodicità (tantomeno isòcrona).
Il ritmo è una successione di eventi sonici con inerenti durate intervalli e nel dominio del tempo, che seguono di solito uno o più modelli ciclici. Pertanto il ritmo è la dimensione temporale della musica.